VNZ - EEIA
[no postproduction. ICM - intentional camera movement].
[Mi capita spesso di ragionare sui luoghi che attraverso e spesse volte mi si palesa una coscienza e uno stato d'animo che mi portano a riflettere sul mio "muovermi": dopotutto i luoghi più belli che abbia mai visto li ho osservati nella mia mente, peraltro sempre raggiungibili in un attimo e in assoluta autonomia. Un posto dove, per mezzo dell'immaginazione, riesco a rendere più coerente quello che "osservo".
Certamente buona parte dei dati che creano quegli spazi immaginari derivano da realtà osservate in prima persona, tuttavia non saprei dire quali né tantomeno quanti. L'unica certezza è che corro maggiormente il rischio di perdermi dentro ai miei pensieri piuttosto che nel mondo là fuori.
E se per davvero mi perdessi, non sono affatto sicuro che qualcuno riuscirebbe a portarmi indietro.]
L'idea di Venezia mi preclude la possibilità di goderne la vista. Il confronto tra reale ed immaginato, volendolo fare, non reggerebbe nemmeno per un istante. Tanto (troppo) di ciò che osservo sembra così artificioso, ricostruito e banale da non poter appartenere all'anima di questo luogo. E' come se avessero tolto i contenuti e avessero lasciato un contenitore vuoto a rappresentarli. Un palcoscenico dove il sipario occupa tutta la scena.
Leggo qua e là alcuni cartelli che urlano "Venezia è una città vera". Non lo è più, penso, ma mi solleva sapere che qualcuno abbia provato la necessità di scriverlo. I cartelloni a volte illuminano anche quando mentono. Ripensandoci, forse sono l'aspetto più profondo ed originale che abbia potuto osservare in laguna. E allora penso a chi ha ideato quelle scritte, alla sua necessità di riportare Venezia ad una coerenza e ad una dignità che il turismo di massa le ha sottratto, per farla tornare ad essere una città vera, e percepita come tale.
Cammino in mezzo ad un fiume di gente diversa ma con la stessa identica espressione.
Tutti procedono lenti, appesantiti da sacchetti colmi di oggetti che di strada ne devono aver fatta tanta davvero. E mi trovo a riflettere su quanto possa essere suggestivo vedere così tanti cinesi a Venezia, persone che attraversano migliaia di chilometri per ritrovarsi qui ad acquistare oggetti costruiti probabilmente poco distante da casa.
Possibile che non si chiedano quale sia il senso di questo posto? In cosa il turismo lo ha trasformato? Quale sarà stata la loro idea di Venezia prima di vederla con i propri occhi?
Devono avere tutti una vita incredibilmente felice o tremendamente triste, non riesco mai a scegliere come vedere la cosa ma le domande non te le poni quando va davvero tutto bene oppure quando va talmente tutto male che hai smesso anche di fartele. E allora vivi tutto come distrazione, sopravvivendo.
La macchina fotografica in spalla non l'ho mai trovata tanto inutile quanto a Venezia.
Per me non c'erano immagini da ricordare, anzi ogni immagine registrata avrebbe finito per collidere con quella della mia immaginazione, registrando una realtà che non avrei voluto rivedere.
Allora ho provato a cancellare tutto ciò che mi infastidiva, lasciando qualche dato del reale dal quale ripartire per arricchire l'idea di Venezia che vive nella mia testa. I tempi lunghi e il movimento ho ritenuto potessero rappresentare un buon modo di alleggerire l'immagine dal superfluo, lasciando solo un dato visivo dal quale ripartire.
Ed è così che è riapparsa Venezia, quella vera, quella che merita di essere vista, vissuta e contemplata o più semplicemente, ritrovata.
Poi, alla fine, è arrivata la nebbia, portandosi via quasi tutto, lasciando decisamente anche troppo.
2017
Emanuele Faccio Gofas
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